La prima parte di questo corso tratterà il concetto generale
di METACOGNIZIONE, il prof. Doudin spiegherà l'essenziale di
questa concezione per ottimizzare lo sviluppo intellettivo del
bambino; non riguarda esclusivamente l'insegnante in quanto tale,
ma tutte le persone che si occupano dell'educazione del bambino.
Parleremo in maniera generale di tutto ciò che interviene in
questo sviluppo dell'intelligenza. La Metacognizione è un
concetto nato negli anni '70 basandosi su teorie e concetti già
esistenti, come i lavori di Moniet dei primi del XX sec. Il
concetto che esprime è: dell'intelligenza educabile e non come
un patrimonio ereditario, biologicamente determinabile, ma
costruito dal bambino per mezzo dell'interreazione con
l'educatore. Piaget basa i suoi studi su una concezione
totalmente strutturalista, secondo cui il bambino costruisce
delle strutture, grandi organizzazioni dell'intelligenza. Infatti
lo studioso divide l'evoluzione in diverse stadi, a cui fa
riferimento una diversa struttura di pensiero. Solo alla fine
degli anni '60 grazie alla prospettiva fuzionalista si riesce a
comprendere come il bambino proceda nell'organizzazione di queste
strutture d'intelligenza. Piaget è
stato il primo a parlare di meccanismi
cognitivi una sorta di strumenti di pensiero. Tutto
questo è stato ripreso e rielaborato dai metacognitivisti, che
si occupano del funzionamento dell'intelligenza. Come fa il
bambino per apprendere ed assimilare nuove nozioni? Non cercano
di determinarne il livello d'acquisizione secondo una struttura
rigida a stadi come quella piagettiana, bensì cercano a quale
punto dello sviluppo si trova il bambino. Come si comporta, cosa
fa, per assimilare delle nuove nozioni, qual'è la dinamica. Se
facciamo un piccolo confronto fra il modello srutturalista
piagettiano e il modello metacognitivista utilizzando delle
metafore possiamo dire che Piaget sviluppa un percorso su una
scala dove ad ogni scalino corrisponde uno stadio, mentre nel
Metacognitivismo rappresentiamo lo sviluppo come una linea
obliqua verso l'alto. La Metacognizione riprende da Vigoskij la prospettiva
socio-costruttivista dove il soggetto assimila una nuova nozione
interagendo con un nuovo oggetto, un nuovo problema, ma questa
relazione dev'essere mediata da un terzo che la sostenga.
Possiamo dire che questo nuovo modello prende un pò da Piaget,
un pò da Vigoskj ed anche dalle teorie dell'elaborazione
dell'informazione che sono sostanzialmente americane.
La prima definizione compare nel 1976 in letteratura ed è quella
di Flavel: La Metacognizione è vista come conoscenza che
il soggetto ha del proprio funzionamento cognitivo, di quello
altrui; la maniera con cui può acquisire conoscenza del proprio
comportamento e renderne conto sia a se che agli altri ed
è centrata sulla conoscenza di sè, sapere di non sapere è un
metasapere , un livello di astrazione generale che
appartiene all'essere umano sostanzialmente in maniera specifica.
Quindi non è solo sapere di non sapere, ma anche conoscere i
propri limiti. Sapere che uno non sa è la condizione per
apprendere di più ed estendere il proprio sapere sulla
conoscenza di se stesso e del proprio funzionamento. I
metacognitivisti hanno ripreso un'idea comparsa già nella
filosofia greca e poi in Montaigne, in Rousseau e solo più tardi
in psicologia e pedagogia
Nel 1983 A.Brown scrive sui meccanismi cognitivi di Piaget, che
permettono di regolare e controllare la propria attività, il
loro insieme ci permette di risolvere problemi e assimilare nuove
nozioni.
I meccanismi cognitivi o di regolazione sono numerosi, ne
verranno presentati solo alcuni in questa relazione; sono
utilizzati per risolvere qualsiasi tipo di problema che si
presenti durante la giornata, sia per un bambino che per un
adulto. Il primo meccanismo è la pianificazione, che consiste
nel prevedere, immaginare e anticipare la soluzione del problema,
cioè inventare una strategia, ma che non è ancora applicarla, e
appunto immaginare che cosa c'è da fare, ma non è ancora farlo.
Ugualmente la previsione vuol dire predire il risultato della
strategia, se faccio questo, mi succederà
quest'altro!. Questi due meccanismi sono funzioni che
precedono l'azione, implicano un'attività a livello di
rappresentazione, quindi, io non sto per fare, sto per immaginare
quello che devo fare, è una presa di distanza dall'oggetto di
conoscenza, dall'oggetto del mio lavoro con cui devo operare.
Questa attività è molto complessa per il bambino, ma anche per
chi presenta difficoltà scolastiche e nello sviluppo
dell'intelligenza, perchè riguarda l'insieme delle
rappresentazioni dell'immagine mentale. E' un problema che incide
sulla qualità dello sviluppo dell'intelligenza, che è
l'evoluzione di un insieme di rappresentazioni. Durante l'azione
noi possiamo modificare delle strategie con cui stiamo operando,
durante l'ascolto di una lezione utilizziamo la gerarchizzazione
delle informazioni in funzione delle nozioni già conosciute,
degli obiettivi da perseguire, selezionando le informazioni e
trattenendo alcune o eliminandone altre che non consideriamo
utili. La personalizzazione delle informazioni è un'attività
cognitiva essenziale, che il bambino che ha difficoltà nello
sviluppo generale dell'intelligenza, non riesce a fare dato che
considera ogni nozione uguale, allora per lui sono o tutte
pertinenti o tutte senza valore. Forse non sono chiari gli
obiettivi, per distinguere le diverse informazioni, per il
bambino, ma anche per l'insegnante non sono chiari. Piaget
definisce due livelli di astrazione, che sono ripresi dai
metacognitivisti: l'astrazione empirica quando le informazioni
sono prese nell'ambiente circostante, mentre per un adulto
risulta semplice osservare diverse caratteristiche per il bambino
diventa indispensabile un lavoro di distinzione fra le diverse
caratteristiche osservate; l'altra è l'astrazione dall'azione e
non dall'oggetto stesso, la riflessione si incentra su se stesso,
che coinvolge l'oggetto in un'azione, questa è una grande
attività intellettiva. Il destino delle informazioni apprese è
diverso, se il bambino ha uno sviluppo ottimale o con difficoltà
nel secondo caso si individua un grosso problema di
transfert , non è detto che una strategia rivelatasi
efficace sia trasferita in un altro dominio di conoscenza. Nei
casi più gravi può rimanere legata al mediatore, e se questi
cambia il bambino non è più capace di utilizzarla perchè non
è stato in grado di trasferirla, cambia contesto pedagogico la
nozione sparisce.
Nella prospettiva Metacognitivista le funzioni vengono costruite
per costruire la propria intelligenza, sono forti i riferimenti a
Piaget. La pianificazione, la previsione, il mantenimento
dell'apprendimento etc. sono funzioni che il bambino sta
costruendo creando un'attività di regolazione, questo significa
che sviluppa la capacità di prendere coscienza dei propri errori
e di conseguenza modifica il proprio ragionamento, i
metacognitivisti lo chiamano controllo esecutivo. Piaget lo aveva
chiamato autoregolazione, ma aveva legato questa capacità
all'età ed allo stadio corrispondente, sempre presente a livello
genetico. Mentre i metacognitivisti lo considerano sviluppabile
in pedagogia, prendendo le distanze dall'approccio piagettiano,
per abbracciare la prospettiva di Vigoskj e del
socio-costruttivismo. Secondo cui ha un'attività
etero-regolatrice dipendente dal mediatore, che ha lo scopo di
rendere il bambino autonomo nella sua attività di correzione e
modifica. Diventa capace di regolarsi poco per volta,
controllando la sua attività intellettiva. L'autonomia è un
concetto fondamentale per i metacognitivisti ed è presente nella
maggior parte dei modelli teorici anche se in forma più o meno
implicita. Il ruolo del mediatore è definito in base alla
risposta che da - In cosa lo voglio aiutare? In cosa lo voglio
appoggiare perchè raggiunga l'autonomia? - bisogna considerare 3
assi principali: la prima cosa da sviluppare è la conoscenza che
ciascuno ha di se stesso, del proprio sapere, dei propri limiti;
il secondo asse consiste nell'integrazione ed assimilazione delle
funzioni metacognitive già presentate; Il terzo è composto dal
repertorio delle strategie che ognuno costruisce. Idealmente il
bambino che ha integrato tutte queste funzioni può essere
considerato autonomo nel suo processo d'apprendimento, un
processo che non ha mai fine, ma è un continuo presentarsi di
problemi di complessità sempre superiore al precedente, e rende
nuovamente necessario un mediatore. Non è un passaggio dalla
dipendenza all'autonomia, ma un continuo avanzare. Questi tre
assi sono strumenti che noi creiamo per costruire le nozioni,
anche scolastiche, che appartengono ai programmi e la loro
costruzione rientra nella pedagogia di tipo metacognitivista.
Se noi confrontiamo diverse classi con diversi orientamenti
pedagogici, l'insegnante che avrà lavorato in un'ottica
costruttivista troverà nei propri allievi che le conoscenze sono
meglio acquisite. Nella formazione degli insegnanti secondo
questo nuovo modello, sempre più usato, non si abbandonano i
programmi piuttosto si dotano i bambini di strumenti per rendere
le nozioni più accessibili. La maggior parte degli insegnanti
fanno un'attività metacognitiva molto svilupata, alcuni
inconsapevolmente rispettano i 3 assi. Diventa imp0ortante la
consapevolezza del modello di riferimento utilizzato per capire
il proprio lavoro.
SVILUPPO DELL'INTELLIGENZA NELLA FORMAZIONE DELL'INSEGNANTE.
Il concetto di sviluppo dell'intelligenza può essere visto da
due punti di vista: uno innatista, dove si considera il fattore
biologico, l'intelligenza è ereditaria; l'altro costruttivista,
dove invece è modificabile, incrementabile. Agli inizi degli
anni '80 i lavori di Carugati e di Moniet hanno messo in evidenza
come gran parte degli insegnanti abbia una concezione di tipo
innatista. Dopo circa 15 anni una ricerca del prof. Doudin ha
riscontrato che in Svizzera 1/3 degli insegnanti considerano
l'intelligenza ereditaria, il 15/20% hanno una concezione
intermedia, il resto invece sono costruttivisti. In Europa
abbiamo diversi sistemi culturali di riferimento più o meno
legati alla pedagogia compensatoria, che prevede per ragazzi in
difficoltà sui programmi la ripetizione della classe. Ad esempio
in Gran Bretagna non si usa più questa pratica, i paesi che sono
sotto l'influenza germanica ricorrono più frequentemente alla
ripetizione dell'anno. E' interessante vedere come aumenti il
ricorso a questa pratica andando dal Nord verso il Sud, e come
nei paesi bilingue tipo la Svizzera la parte latina la utilizzi
di più della parte fiamminga.
Dal 1830 ad oggi si è dimostrato come la ripetizione della
classe sia inutile tranne qualche rara eccezione, per la maggior
parte dei bambini e quasi un attentato alla propria immagine,
alla stima di sè, non stimola le motivazioni ad apprendere. Solo
il 30% dei bambini migliora dal punto di vista scolastico in
altri casi c'è addirittura una regressione. In alcuni paesi del
Nord Europa si è proibita la bocciatura dell'allievo, mentre il
resto dei paesi dell'unione si sta adeguando, con un utilizzo
meno frequente quella percentuale di popolazione che ha subito un
insuccesso scolastico diventa a rischio d'emarginazione dato che
possono abbandonare la scuola prima di raggiungere il minimo
traguardo. Precludendosi così l'accesso alla formazione
professionale. La ripetizione viene utilizzata da quegli
insegnanti di tipo innatista che ritengono di ottenere
miglioramenti facendo studiare per la 2° volta lo stesso
programma. L'intelligenza è vista come maturazione da un punto
di vista fisiologico e non come il risultato di un'attività
d'interazione. Si rivela determinate lo stile educativo della
figura educatrice che esso sia un genitore o un insegnante
comunque un riferimento per il bambino.
Sigel rileva agli inizi degli anni '80 come il 30% dei bambini
non possiede il pensiero logico formale
o pensiero di tipo ipotetico deduttivo, utilizzato per le
rappresentazioni di oggetti mentali. Se l'educatore pone domande
aperte o chiuse, può aiutare il bambino verso la ricerca di una
strategia o semplicemente la nozione, portandolo a prendere
distanza dall'oggetto di conoscenza, i due tipi di domanda sono
entrambi importanti, la prima è di tipo metacognitivo, non
bisogna aspettare il metacognitivismo per avere questo genere di
quesiti, ma per averne la consapevolezza dello scopo di
sviluppare così il pensiero ipotetico deduttivo. Le domande che
si riferiscono al modo di raggiungere il risultato obbligano il
bambino a riflettere su se stesso, sul proprio funzionamento. Il
livello dello sviluppo dell'intelligenza è diverso se lo stile
dell'insegnante è centrato su una procedura volta allo sviluppo
delle rappresentazioni, che compongono la prima dimensione della
Metacognizione la conoscenza di se stesso di cosa
fa, di cosa sa, come lo fa. In una prospettiva innatista, c'è un
concetto dell'insegnante del tutto passivo, dato che
l'intelligenza si sviluppa fuori dalla relazione con l'allievo
che indipendentemente dal lavoro fatto insieme. Ma quale grado di
libertà ha un insegnante? Dipende da quanto consideri egli
stesso di innato e quanto di costruibile nel bambino,
riconoscendo così un margine di lavoro, questo è legato alla
propria concezione di base sullo sviluppo dell'intelligenza.
Determina anche il senso di responsabilità se le cose
funzionano, ma al contrario si sviluppa un senso di colpa ponendo
in una situazione di rischio l'insegnante. Ma la passività
dell'innativismo mette in una condizione di impotenza, che è
altamente depressiva. Il barn out colpisce più le professioni
come l'insegnante, lo psicologo e lo psichiatra, ed è più alto
quanto è maggiore il livello di passività rispetto alle
possibilità dell'allievo. In qualsiasi processo d'insegnamento
possiamo distinguere errori e sbagli, dove i primi sono più
penalizzanti dei secondi perché hanno una valenza morale. Sono
due elementi fondamentali per migliorare la comprensione, sono un
trampolino da utilizzare nel piano didattico e soprattutto da non
penalizzare, dato che la persona o il bambino stanno affrontando
un problema più complesso del proprio apparato intellettivo, che
non è ancora formato per fronteggiare la nuova difficoltà e
sbagliando prova le vecchie strategie, fino al raggiungimento
delle nuove. Il lavoro dell'educatore è volto ad accompagnare il
bambino nella presa di coscienza dell'errore che servirà a
ristrutturare il nuovo modo di ragionare. Lo sbaglio viene
depenalizzato diventando una tappa, al contrario nella concezione
innatista viene visto come un'incompetenza dell'allievo.
L'attività del mediatore quindi è volta a sviluppare questa
funzione regolatrice dell'intelligenza dove la presa di coscienza
dello sbaglio è solo un passo verso l'adeguamento, la
ristrutturazione del ragionamento. Ciò ci riporta al concetto
espresso da Vigoskj. La funzione di eteroregolazione, fatta dal
mediatore, è la condizione utile al raggiungimento
dell'autonomia per affrontare l'errore e correggerlo. Far
interiorizzare la funzione di regolazione diventa estremamente
importante, penalizzare un errore potrebbe significare demotivare
l'allievo a superarlo. Per persone con Handicap, ad esempio, non
ci sono strategie specifiche; la Metacognizione offre un quadro
generale di riferimento per la pedagogia, volto ad elevare il
livello di competenza intellettiva dell'allievo.
Negli anni '80 c'è stata una notevole proliferazione di modelli
specifici di intervento per particolari popolazioni; proprio
nell''80 Euresten introduce lo schema di recupero metacognitivo,
utilizzato a Milano da alcuni gruppi d'insegnanti per il loro
aggiornamento. Tutti questi modelli " esordienti "
hanno un denominatore comune, il principio teorico
dell'intelligenza educabile. Ciò non vale per l'approccio
piagettiano che ha dominato la scena pedagogica fino agli anni
'70. Il modello di Euresten, studiato in gran parte per
l'handicap psicomotorio, ( ha un nipote Down ) si basa sull'idea
fondamentale dell'educabilità e della rieducabilità
dell'intelligenza, anche se considera il fatto che ogni soggetto
ha margini diversi di miglioramento. Ad esempio ad un adulto
analfabeta verranno forniti gli strumenti utili per
l'acquisizione di nozioni della sua lingua; così per la memoria
degli anziani, e dei giovani un'agenda promemoria è un ottimo
strumento. Il concetto stesso di memoria si è evoluto; infatti
fino agli anni '80 veniva rappresentata come un muscolo che ad
un elevato tenore di allenamento fornisce un'altrettanta elevata
prestazione; ora invece si utilizza la metafora di una scatola
dove lo spazio è limitato diventando nuovamente fulcro del
nostro interesse, le strategie con cui immagazziniamo le nozioni.
Cambia il metodo d'apprendimento cambia altresì la
rappresentazione della memoria e non si verifica più il
risultato ( se si è imparato o meno la nozione ). E' importante
far riflettere i bambini sulle strategie necessarie per studiare
o per imparare a memoria una qualsiasi nozione; la memorizzazione
diventa una strategia. Nella concezione Metacognitiva è
importante non porsi come scopo i risultati, ma avere chiaro il
modo attraverso il quale si deve accompagnare l'alunno nello
sviluppo delle strategie. In un corso d'aggiornamento per
insegnanti viene fatto un anno di teoria ed un secondo anno di
applicazione in classe del nuovo modello acquisito. In una classe
mista dove vi sono ragazzi con difficoltà e altri senza, si
portava avanti solamente una parte di programma e successivamente
si stabiliva una verifica. E' chiaro che si ottenevano risultati
diversi; in un gruppo di 15 allievi sono state riscontrate 60
strategie. Si è rilevato che anche i ragazzi con difficoltà
sono in grado di mettere in relazione i risultati con le tecniche
utilizzate; per ottenerli molti usato le stesse strategie
ottenendo diversi risultati. Come mai ? E qui che il mediatore
deve far riflettere il bambino. La maggior parte degli allievi
aveva utilizzato strategie costruite in modo individuale, senza
la cooperazione del mediatore. Pere sviluppare le strategie di
cooperazione si è lavorato in gruppo ottenendo così grandi
risultati. Questi processi non possono essere attuati un breve
periodo. La conoscenza della strategia implica anche la capacità
di gestione del tempo, perché conosciamo le varie fasi nel
dettaglio ed una riflessione estemporanea non è utile, dato che
si tratta di un lavoro sistematico il quale si basa sulle
conoscenze dichiarative e su conoscenze procedurali ( ciò che
effettivamente faccio per preparare il mio lavoro ). Proprio su
quest'ultime viene fatto il grosso del lavoro. A chi imputate un
errore ? a cause interne od esterne ? Attraverso l'attribuzione
dell'errore si hanno modi di procedere diversi se li consideriamo
causati da fattori esterni a noi automaticamente non possiamo
intervenire per modificarle. E se sono interne ? Possono essere
stabili o variabili: nel primo caso non posso intervenire; nel
secondo ho un margine d'intervento dunque queste cause sono
controllabili o incontrollabili. Ciò è utile per determinare i
limiti del mio intervento possiamo stabilire 3 dimensioni: 1)
interne od esterne; 2) stabili o variabili; 3) controllabili od
incontrollabili; e se siamo legati ad una concezione innatista si
avrà una dimensione interna, stabile ed incontrollabile; se
invece siamo legati ad una concezione costruttivista si avrà:
dimensione interna variabile ed incontrollabile dove è l'allievo
che deve lavorare con l'ausilio del mediatore. L'opposizione
metacognitiva è rivolta al sistema di valori culturali,
all'ideologia per cui pensiamo che sia innata una diversa
propensione e non che questa sia costruita. Dalle diverse
ricerche si dimostra come i risultati sono più efficaci lì dove
si utilizza una concezione scentifica socio-costruttivista
anziché dell'ingenua concezione innatista. Il sistema
socio-economico influenza il modello di riferimento infatti più
è alto il livello economico più ci sono probabilità di
sviluppare una concezione costruttivista. Viceversa ad una
concezione innatista corrisponde l'influenza di un basso livello
economico; è chiaro che ci sono le eccezioni, fra uomini e donne
infatti queste ultime risultano essere più propense all'utilizzo
di un'ottica costruttivista. Lo stile dell'insegnante
contribuisce allo sviluppo di quello del ragazzo, che costruisce
la propria rappresentazione del suo successo. Il ragazzo
interiorizza il punto di vista dell'educatore che lo ha in
carico; in tal modo riprenderà anche il modello di attribuzione
dell'errore a cause interne, variabili, controllabili o interne,
stabili, incontrollabili. La rappresentazione dell'insegnante e
dell'allievo sono i pezzi dello stesso puzzle e l'errore può
diventare un punto di partenza rispetto ad un educatore
disarmato. Lavorando in quest'ottica possiamo modificare i
sistemi di rappresentazione del ragazzo e alla fine di questo
lavoro i livelli d'acquisizione, di comprensione di competenza
saranno completamente diversi. Nell'università è stato
introdotto un lavoro sulla propria conoscenza, sullo sviluppo del
sé e della concezione personale accanto a ricerche sperimentali
e conoscenze scientifiche. L'intelligenza è astratta e noi
utilizziamo metafore per rappresentare i diversi concetti.
Abbiamo bisogno di metafore per rendere accessibili i concetti
astratti, per secoli abbiamo utilizzato la macchina a vapore come
metafora del funzionamento intellettivo, ma da trent'anni a
questa parte l'abbiamo sostituita con il computer. Le scienze
cognitive hanno fatto così la loro comparsa introducendo nuovi
elementi come il feed back, la nozione di controllo, nata
direttamente dalla teoria dell'elaborazione dell'informazione.
La Metacognizione riprende da Piaget il concetto di costruire
buone fondamenta per poi elevare tutta la struttura
dell'intelligenza, come avviene per una casa. Il mediatore è
l'animatore di questa costruzione. La teoria sistemica sostiene
il principio di coevoluzione dove l'allievo si evolve nella
relazione con il mediatore il quale a sua volta progredisce.
Questo getta le basi per la cooperazione fra insegnanti, oggi
purtroppo il sistema scolastico è inflazionato da un gran numero
di lavori individualisti. Per poter trasmettere un modello è
necessario che questo sia capito, condiviso ed applicato. Si sta
tentando di modificare la cultura di alcune scuole introducendo
la cooperazione fra insegnanti con scambi pedagogici e lavori di
gruppo. Con la cooperazione fra discipline a livello
universitario con la tecnica di intervisione si producono
migliori risultati. Quest'ultima consiste in un lavoro di gruppo:
gli insegnanti sotto la guida di un animatore pedagogico mette in
comune le difficoltà, le tecniche d'insegnamento ed anche i
problemi. Una pratica consiste nel filmare una lezione e poi
revisionare tale prodotto in gruppo. Risultano molto interessanti
le strategie utilizzate nelle interazioni con gli allievi.