Premessa introduttiva al libro Mindstorms di Saymour Papert
Gli ingranaggi della mia infanzia
Non avevo ancora due anni che ero già
affascinato dalle automobili. Nel mio primo vocabolario presero un posto importante i nomi
dei pezzi delle macchine: ero tutto fiero di conoscere le parti del sistema di
trasmissione, del cambio di velocità, e, ancor più, del differenziale. Fu certamente
molti anni dopo che compresi come funziona un ingranaggio; ma dal momento in cui lo capii,
giocarci divenne il mio passatempo preferito. Mi divertiva far ruotare l'uno sull'altro
oggetti circolari, imprimendo loro i movimenti di un ingranaggio e, naturalmente, il mio
primo progetto «realizzato» fu un rudimentale sistema di ingranaggi.
Divenni esperto nel far girare nella mia testa ruote dentate e nel pensare concatenazioni
di causa ed effetto: «questo gira in un senso dunque quella gira in un altro...» Mi dava
un piacere particolare soprattutto il sistema dell'ingranaggio differenziale che non segue
una semplice catena lineare di casualità, dato che il movimento dell'albero di
trasmissione può essere distribuito alle due ruote in molti modi differenti, secondo la
resistenza incontrata. Ho un ricordo vivissimo della mia eccitazione nello scoprire che un
sistema poteva essere perfetto in se stesso, assolutamente comprensibile, senza essere
rigidamente deterministico.
Credo che l'aver tanto giocato con i differenziali sia stato più
efficace per la mia comprensione della matematica, di tutto quello che mi è stato
insegnato alla scuola elementare. Gli ingranaggi, servendomi da modelli, hanno fatto
entrare nella mia mente idee che altrimenti sarebbero restate astratte. Io
ricordo con chiarezza due esempi dell'apprendimento matematico a scuola. Le tavole di
moltiplicazione erano vissute da me come ingranaggi, e il mio primo contatto con le
equazioni a due incognite (p.es: 3x+4y=10 ) evocò subito il differenziale. Non
appena ebbi costruito un modello mentale di ingranaggio delle relazioni tra x e y,
che rappresentava quanti denti erano necessari a ciascun ingranaggio, l'equazione divenne
una confortevole amica.
Molti anni dopo, leggendo Piaget, questo episodio mi servì come
modello per comprendere la sua concezione di assimilazione, anche se fui immediatamente
colpito dal fatto che il suo discorso sull'argomento non realizza appieno la sua stessa
idea. Egli tratta quasi esclusivamente degli aspetti cognitivi dell'assimilazione. Ma c'è
anche una componente affettiva. Assimilare le equazioni agli ingranaggi è certamente un
mezzo formidabile per far si che una conoscvenza precedente influisca su una nuova. Ma
c'è di più.
Sono convinto che queste assimilazioni hanno contribuito , per me, a
dotare la matematica di una positiva carica affettiva che può essere rintracciata nelle
mie esperienze infantili con le automobili. Credo che Piaget sia d'accordo. Quando ebbi
l'occasione di conoscerlo personalmente, compresi che egli aveva omesso la componente
affettiva più per modestia, essendo consapevole di quanto poco si sa su questo punto, che
per una presuntuosa certezza della sua irrilevanza. Ma torniamo alla mia infanzia.
Fui sorpreso, un giorno, di scoprire che alcuni adulti, per non
dire la maggioranza, non comprendevano la magia degli ingranaggi o non se ne
interessavano affatto. Ora non penso quasi più agli ingranaggi, ma non ho mai cassato di
pormi i quesiti suscitati da quella scoperta: come poteva ciò che era così semplice per
me essere incomprensibile agli altri? Mio padre, nel suo orgoglio paterno,ne dava una
spiegazione con la «mia prontezza». Ma io avevo la penosa consapevolezza che certe
persone che non riuscivano a capire il differenziale, riuscivano facilmente a fare delle
cose che io trovavo molto più difficili. A poco a poco cominciai a formulare quello che
ancora considero il fatto fondamentale dell'apprendimento: qualsiasi cosa è facile se la
si può assimilare ai modelli già posseduti. In caso contrario ogni cosa può essere
penosamente difficile. Inoltre andavo sviluppando un modo di pensare che s'accordava con
quello di Piaget. Per capire l'apprendimento si deve si deve assumere una prospettiva
genetica. Occorre rifarsi alla genesi della conoscenza. Ciò che un individuo
può assimilare,e come lo assimila,dipende dai modelli di cui dispone. Questo fa sorgere
in modo ricorsivo la domanda di come egli ha acquisito tali modelli. Così le «leggi
dell'apprendimento» debbono mettere in luce come le strutture intellettuali derivano
l'una dall'altra e come, nello stesso processo, esse acquistano forma sia logica che
emotiva.
Questo libro è un saggio di
epistemologia genetica applicata, sviluppata oltre gli aspetti cognitivi sui quali Piaget
insiste, per prendere in considerazione anche quelli affettivi. Esso elabora una nuova
prospettiva per la ricerca pedagogica focalizzata sulla creazione delle condizioni
necessarie perchè i modelli intellettuali mettano radici. E' questo che ho cercato di
attuare negli ultimi venti anni. E in quest'impresa, mi scopro spesso a ripensare ai
differenti aspetti del mio incontro con gli ingranaggio differenziale. Primo io
ricordo che nessuno mi aveva detto di studiare gli ingranaggi differenziali. Secondo che
c'era sentimento, passione, nel mio rapporto con gli ingranaggi, oltre la
semplice comprensione. Terzo ricordo che il mio primo incontro con essi avvenne
quando avevo due anni. Se un qualche psicologo «scientifico » dell' educazione, avesse
cercato di «misurare» gli effetti di quest'incontro, avrebbe probabilmente fallito.
Esso ha avuto profonde conseguenze , ma, io suppongo, solo molti anni più tardi. Un
pre-test ed un post-test somministrati quando avevo due anni , non le avrebbero rilevate.
L'opera di Piaget mi ha fornito un nuovo sistema teorico per
considerare gli ingranaggi della mia infanzia. L'ingranaggio può essere usato per
illustrare molte idee potenti di matematica «avanzata», come i gruppi o il moto
relativo. Ma può fare di più. Non si riallaccia solo alla conoscenza formale della
matematica, ma anche ad una «conoscenza corporea », che è poi lo schema senso-motorio
di un bambino. Si può essere l'ingranaggio , si può capire come gira mettendosi al suo
posto e girando con lui. E' questa duplice relazione, insieme astratta e sensoriale, che
dà all'ingranaggio il potere di introdurre nella mente potenti concetti matematici.
Seguendo una terminologia che esporrò nei capitoli seguenti, l'ingranaggio ha qui il
ruolo di un oggetto transizionale.
Una Maria Montessori dei nostri giorni potrebbe proporre se la mia
storia l'avesse convinta, di creare una confezione d'ingranaggi per bambini. Così ogni
bambino potrebbe fare l'esperienza che io ho fatto. Ma sperarlo sarebbe trascurare
l'essenza della storia: io mi ero innamorato degli ingranaggi. E' dunque qualcosa
che non può essere ridotto in termini soltanto cognitivi. Era avvenuto qualcosa di molto
personale, e non si può presumere che ciò si ripeterebbe per altri bambini, esattamente
nella stessa forma.
La mia tesi potrebbe essere sintetizzata nel modo seguente: quello che
gli ingranaggi non possono fare l'elaboratore lo potrebbe. L'elaboratore è il Proteo
delle macchine. La sua essenza è la sua universalità, il suo potere di simulare. Poichè
può assumere migliaia di forme e può essere utilizzato per migliaia di funzioni, può
soddisfare migliaia di gusti. Questo libro è il risultato dei miei personali sforzi, che
durano da più di dieci anni, per fare degli elaboratori degli strumenti abbastanza
flessibili all'uso, così che i bambini possano creare per se stessi qualcosa di simile a
ciò che gli ingranaggi sono stati per me.
Seymour Papert, MIND STORMS, bambini, computers e creatività
© 1980 Basic Books, Inc., New York
© 1984 Emme Edizioni s.r.l. via S. Maurilio, 13 - Milano
Titolo originale: Mindstorms
Traduzione di Anita Vegni